lunedì, settembre 22, 2008

Racconti da Iguazù..

Giovedì scorso..
.. dopo una corsa contro il tempo dovuta ad una serie di riunioni previste/prevedibili ho raggiunto il Tossi e Reinold alla termina de autobus..
direzione manco a dirlo ma lo dico..
.. si va bè..
insomma..
Iguazù..
Partenza direi fosforescente al limite delle possibilità fisiche umane dopo che, aspettando il bus che aveva una mezzoretta di ritardo ci siamo avventurati in una milanesa de pollo a testa..
.. che sarebbe la famosa cotoletta e che qua è tipo quattro volte quella comune che abbiamo da noi...
Dicevamo..
.. partenza intorno alle due e mezzo di pomeriggio..
.. ma il viaggio si fa subito abbastanza tragico/interessante..
.. dopo due ore di deserto stile provincia di Santiago del Estero compaiono dei fumi all'orizzonte..
.. l'autobus si ferma..
.. noi commentiamo..
.. e dopo un po' si decide di fare le foto..
.. così che se al ritorno avessimo perso il bus avremmo potuto dire che c'era un camion in fiamme in mezzo alla strada e che per colpa di questo evento sovrannaturale avremmo ritardato di qualche ora l'entrata in ufficio..
.. cosa che poi non abbiamo neanche fatto...
Comunque dicevamo..
.. la cosa interessante è che passato il bus..
.. capiamo che tutto il fumo era stato provocato da uno sciopero di non si sa bene chi che aveva provocato l'incendio dei famosi pneumatici (tipica scena argentina durante gli scioperi)..
Io solidarizzo..
.. gli altri no..
.. si prosegue!!!
.. Il viaggio è contornato dalla splendida figura del Gabibbo..
.. infatti..
dopo alcune ore di viaggio e dopo un paio di film improponibili questo simpatico personaggio (il mastro bidello dell'autobus) butta sù una tombola collettiva...
.. Il premio, ambitissimo, una tazza della compagnia di autobus ANDESMAR..
.. non ho vinto..
.. ma ci sono andato vicino (maddechè aho!!!)..
Arrivati a Port Iguazù il giorno dopo..
.. dopo circa 20 ore di viaggio..
.. rincontriamo la Francesca (volontaria che è stata in servizio a Santiago fino ad ora e che si sta facendo le ultime giornate di Argentina prima di tornare in Italia)..
.. appoggiamo gli zaini in Ostello e via verso il Brasile...
.. direzione..
.. cascate di Iguazù sul lato Brasiliano..
.. Entriamo in questo fantastico parco..
.. dopo qualche fregatura presa dalla faccia da stranieri che ci ritroviamo...
.. e dopo circa un quarto d'ora riusciamo ad arrivare davanti al sentiero che ripercorre tutte le cascate..
.. è impossibile spiegarvi cosa significhi passeggiare davanti ad uno spettacolo del genere..
.. sembra di essere immersi in uno di quei paesaggi che ti immagini quando leggi Peter Pan..
.. o quando si pensa a quei film che non sembrano reali...
.. non le conto ma ci saranno più di trenta cascate distribuite su 2 km..
.. l'aria sembra pesante..
.. ma le farfalle accompagnano nel cammino...
.. fino alla rampa che entra nel percorso dell'acqua...
.. rimaniamo affascinati da tutto questo..
.. e ci sentiamo vivi..
..vivi e pieni di vita!!!!
Ritorniamo nel lato argentino ma prima ci rechiamo al museo de las aves (dei volatili) dove ci sono un sacco di pappagalli, tucani ecc...
Sono belli questi animali..
..e vederli così..
... tutti quanti insieme non è cosa da poco..
.. però mi da un senso di fastidio vederli riunchiusi in gabbie..
.. dove non possono neanche volare per qualche secondo..
.. o perchè gli hanno tagliato le ali..
.. o perchè lo spazio è così poco da non poter neanche aprire le ali..
Verrebbe quasi voglia di fare un raid notturno e liberarli..
.. lasciamo perdere l'idea da anarco ambientalisti e ci rechiamo verso il lato Argentino..
.. intanto comincia ad arrivare una leggerissima pioggia..


.. torniamo all'ostello a Port Iguazù e dopo una leggerissima dormitina pomeridiana decidiamo di andare a cenare ad un tenedor libre (forchetta libera) dove con 45 pesos abbiamo mangiato l'impossibile..
.. ma cose non molto buone..
.. soprattutto volevamo mangiare l'eldorado..
.. il pesce tipico di queste parti..
.. e non ci siamo riusciti perchè nessuno lo faceva..
.. va bè..
sarà per un'altra volta!!!
Ce ne andiamo verso casa dopo una birrettina..
.. Il giorno dopo andiamo verso Iguazù lato Argentino..
da questa parte si vedono le cascate da dove nascono mentre dal lato Brasiliano si vedevano di fronte..
.. Intanto piove..
.. e pure tanto!!!
Cercavamo l'acqua e l'abbiamo trovata...
.. scherzi a parte..
.. arriviamo fino alla Garganta del Diablo..

La garganta del Diablo


Quello che ci si presenta davanti è qualcosa di impressionante..
c'è una forza verticale che allo stesso momento ipnotizza e affascina..
.. guardo lo scorrere del fiume..
.. apparentemente lento..
fino ad arrivare al salto..
.. sento qualcosa che mi attrae verso quello scorrere incessante..
e la stessa cosa la provano anche qualcuno dei miei compagni di viaggio..
.. Continuiamo il percorso e arriviamo ad un'altra serie di cascate..
.. c'è un punto..
.. che non mi ricordo bene come si chiama..
.. c'è un punto dove si staglia una roccia a forma di seggiola del papa (riferimento anconetano)..
.. e che si trova in mezzo alle cascate..
sotto questa roccia il fiume è in piena..
.. e trascina via tutto..

.. e tutto è dentro il paesaggio di fate che è Iguazù..
.. una mescolanza impressionante di trambusto e tranquillità..
.. dove la roccia si fonde con il verde del paesaggio circostante..
.. e dove il rumore dell'acqua con le sue spumeggianti allegrie di piccole goccie d'acqua si frappongono al colore del cielo...
Qualcosa che allo stesso tempo è magico e memorabile..



.. Finita la visita ci dirigiamo prima verso l'ostello..
.. per recuperare i bagagli..
.. e poi andiamo alla terminal degli autobus con direzione S. Ignazio Minì..
Bagnatissimi..
.. arriviamo dopo 5 ore e dopo tre episodi di scuola di polizia...
esattamente 1, 2 e 3...
.. tutti bagnati fradici troviamo un ostello dove il proprietario è un tipo che aveva vissuto 17 anni a Madrid..
.. che era di Buenos Aires e che era finito là..
.. la forza dell'amore?????
Boh!!!
Comunque..
.. la tappa di S. Ignazio Mini era stata decisa per vedere delle rovine di una missione..
.. cosa che facciamo puntualmente il giorno dopo (per inciso.. il giorno dopo c'era un sole che spaccava le pietre!!!)..
.. anche là non facciamo in tempo a capire bene il nesso uomo natura..
.. ma scopriamo che questo complesso..
.. tra l'altro molto bello ma costruito anche un po' male visto che era del 1700 e ci è rimasto poco e niente..
.. era dei monaci gesuiti..
.. che erano stati cacciati da un editto del re..
.. anche per il loro modo di intendere il rapporto con i nativi..
.. da questo punto di vista vorrei anche rivedermi il film mission con R. de Niro per comprendere bene tutta questa storia..
... Comunque dicevo..
di questo complesso ci è rimasto qualcosina..

.. e anche là è molto bello il gioco di chiudere gli occhi e immaginarsi situazioni del passato..
.. dove i monaci giravano con gli indigeni..
.. e questi mischiavano i canti tradizionali guaranì con il messaggio cristiano..
.. si sente quindi qualcosa di diverso nell'aria..
.. rispetto per lo meno all'avventura di Cuzco di qualche mese fa..
e poi questa terra rossa..
.. e la pietra rossa che fa parte del complesso..
.. si mischiano in maniera incredibile con tutto il verde circostante...
lo spettacolo è veramente unico..
Ad un certo punto tra l'altro scorgiamo un albero che è cresciuto intorno ad una colonna...
una cosa impressionante..
la forza della natura..
Dopo la visita a S. Ignazio Mini salutiamo la Fra..
.. che ripartirà a breve per l'Italia..
.. è stato bello rivederla nella circostanza di questo viaggio..
.. una grande compagna di viaggio!!!

5 commenti:

Francesco Conte ha detto...

Grande Daniè! Ti copio e incollo un pezzo del libro brasileiro che avevo scritto, visto che si parla della stessa, inenarrabile, inconfondibile e imperitura Foz de Iguaçu. Dal sito www.atopos.vivilastminute.it

Suerte hermano :)

Francesco

Tornando dalle cascate più grandi del mondo
Ho preso un aereo di ritorno per Rio a mezzogiorno,
dal confine tra Argentina, Brasile e Paraguay.
Poi sono salito sull’ônibus 351 coi vetri scuri,
che è durato come l´aereo. Masticando già il bacio,
pesando l´abbraccio,
sapendo che i miei occhi resteranno aperti mentre le parole
si accavalleranno. Solo dopo, seduto, arriveranno le cascate
stagliarsi sopra rocce ricoperte di verde, l´acqua che
ti arriva alla faccia,
la fabbrica di nuvole in fondo al burrone.

La Garganta do Diabo si raggiunge dopo due chilometri di rampe,
tutti o quasi sull’acqua. Gli uccelli pescatori stendono
le ali mentre
aspettano di tuffarsi dalla roccia in mezzo al fiume.
Quando arrivi
alla prima cascata ti sembra di non averne mai vista una.
Anzi,
non ne hai mai vista una davvero. Il rumore accompagna i
tuoi passi
nel raggio di ore e ore di cammino. Dietro ogni albero si
vede il bianco
dell’acqua rinascere aria. L’isola al centro è verde, le
formiche sono
grosse come dita umane, le farfalle come facce.
L’australiano Jeremy è venuto da me quando ancora mi
stavo guardando intorno,
nello splendido ostello dalla natura rigogliosa,
luogo sognato e finalmente
presente sotto il sole. Andiamo insieme a prendere
il bus verso le cascate, in mezzo alla prateria
disseminata di animali e alberi. Sulla strada principale,

aspettiamo un altro autobus, e nel frattempo porto Jeremy
da un gruppetto poco affidabile a comprare dei cocchi
più grandi dei contenitori per l’immondizia.
Entusiasta, inizia a sentirsi a suo agio e sorride
mentre un capellone tatuato si avvicina alla
mia macchina fotografica.
“Grazie dei cocchi eh? Shall we go, Jeremy?”
Gli altri ospiti dell’ostello, assetati,
iniziano a ventilare la possibilità di comprare dei cocchi,
e nel frattempo arriva il pullman.
Il francese Laurent e la sua amica brasiliana Gisele,
entrambi residenti a Londra, si aggregano subito a noi,
e tra lingue diverse ci inoltriamo nel panorama più fitto,
mentre scimmie e tapiri scappano alla vista del rumoroso
pullman che ci porta nel parco. Sento il rumore,
e poi scorgo in lontananza una macchia bianca, oltre gli alberi.
“Porca Vacca!”, esclamo, in onore allo scopritore
europeo delle cascate, tale Alvaro Nunez Cabeza de Vaca,
naufragato in Florida, e viandante a piedi fino in Paraguay!
Senza fiato corriamo giù per il sentiero, e un orizzonte di
cascate riempie il sentire. Emozionato, rimango a bocca
aperta per lunghi minuti, bagnandomi d’acqua e sole.
Le parole si rifiuteranno di mettersi in fila,
ognuna spingerà,
vorrò parlare di come io, Laurent, Gisele e Kathryn,
abbiamo superato la frontiera
del Paraguay tra moto impazzite: centinaia
e centinaia di moto, di gente
con scatole sulla testa. Vecchi grassi e sudati
contare banconote consunte
su tavolini di legno scortati da uomini cupi e armati.
Evitare gli sguardi
meravigliati, con la gioia soffocante di poter passare
inosservato in quella
folla animata in ogni direzione. Il ponte da
attraversare sul fiume che divide
Brasile da Paraguay è lungo sotto il sole,
rumoroso e lucente.
Per la prima volta mi sento tremendamente straniero,
davanti alla terra rossa, su cui spuntano bancarelle,
burroni.
Pistole da far west, negozi che chiudono alle 17
e aprono alle 6.
Ho avuto paura per lo zaino verde Monviso di Francesca,
desiderando andare oltre. “Io lascerei quello zaino
da qualche parte,
fossi in te!”, mi ammonisce con disinteresse
il poliziotto alla frontiera.
Le ultime baracche che presidiano la strada
brasiliana sono magazzini
portavalori, scortati da facce scure e beffarde,
con gli occhi socchiusi.
Tutti sono appoggiati ai mototaxi, o portando
cartoni e sacchi di tela
camminano senza girarsi.
Andiamo avanti, e con lo sguardo perso nella
luce davanti
supero i tendoni sulla strada di terra fino a
quando
sento una moto frenare davanti ai miei piedi.
Senza dir nulla,
il tassista senza casco riparte,
nella direzione che stavo guardando.
Mai ho tanto voluto andare oltre,
mai ho avuto tanta paura di fronte
a un mondo estraneo.
La confusione, l’enorme felicità di essere
al centro del Sud America,
con l’indicibile tristezza di non poter
continuare quella strada inaudita,
rimbombano nel mio ricordo. Spesso quella strada
ritorna ai miei occhi,
rossa e calda, unica via dal Brasile al Paraguay,
rifugio di nazisti
e dittatori, contrabbandieri e giovani stufi
dell’occidente.
A una manciata di chilometri da lì,
sorge la più grande centrale idroelettrica
del mondo, Itaipu,
comproprietà Brasiliana e Paranaguense.
Per costruirla,
una serie di cascate della portata venti volte
maggiore di Foz do Iguaçu
è stata spianata, in nome del progresso economico.
Negli ultimi quindici anni, la cittadina che
prima aveva 30000 abitanti
ora ne ha 200000, grazie al consorzio italo-americano
che in mezzo a un
paradiso naturale ha costruito una sorgente di denaro
liquido.
Il ciclopico getto d’acqua costante che esce dalla
centrale è
l’orgoglio dei due paesi confinanti, e spesso nemici.
Ma come immaginare la terra verde che nasce dalle
cascate,
l’infinito percorso tra ragni e iguane, rami e
rumore.
Quel suono continuo e bianco, confusa
approssimazione dell’universo.
E l’acqua che sotto i piedi cade incessante,
tra le nuvole bianche.
I falchi che in picchiata
aiutano i miei occhi a guardare oltre,
a sentire quel luogo presente giorno e notte.
Come si può costruire una città normale vicina
ad un luogo così?
Come si può pensare ad altro, quando in silenzio
si potrebbe
ascoltare quel suono? Come è possibile distruggere
tutto questo?
Con la pacifica collaborazione di due popoli,
nell’interesse di entrambi,
e del consorzio italo-americano.
La parte argentina delle cascate permette di
perdersi nell’infinito meandro
di sentieri, tra pappagalli nell’ombra della foresta.
Mi allontano dagli altri per non dover ascoltare
le stesse parole che
io stesso non riesco a pensare se non a voce alta.
E allora smetto di pensare, e in silenzio seguo
i percorsi meno battuti, con gli occhi salati
e il sorriso stampato sulla faccia scottata.
Il sacro terrore di ciò che non ha forma e
dimensione umana mi anestetizza a ogni forma di volere.
Solo rimango esterrefatto sull’orlo del precipizio,
al sicuro sopra una fila assordante di cascate,
finalmente un progresso utile a far parte del mondo.
Salgo sul gommone che mi porta davanti alle cascate
più grandi, l’acqua va in tutte le direzioni,
gelida, e mi ricordo di gesuiti che 400 anni
fa scoprirono questo luogo, allora cimitero
del popolo guaranì, gli unici indios cristianizzati.
Per cento anni, nel sud del Brasile, cristiani e
pagani vissero nelle stesse fazende, in quella
che forse può essere chiamata una società comunista,
se la storia non prendesse altri corsi.
Di sicuro in Spagna quella sembrava una sfida
al potere e all’autorità, ovvero un altro potere
e un’altra autorità, e gesuiti e indios furono
massacrati in nome del Signore.
Fradicio ed eccitato, inizio a prendere
le strade più assolate,
e mi forzo lentamente verso l’ingresso del parco
dove ci sarà un pullman ad aspettarci.
Arrivo in ritardo, sperando che il gruppo sia già partito,
o che almeno io sia l’ultimo, in modo da far sentire
in colpa tutti coloro non abbiano goduto fino in fondo
lo spettacolo. Il parco è ormai deserto,
e incute quasi paura, solo qualche venditore indio
rimane per terra con i suoi giocattoli colorati,
tra maglie e souvenir di legno. Il pulmino giallo
è già acceso, ma non sono l’ultimo ad arrivare:
mancano proprio gli unici con i quali avessi
fatto amicizia.
Mi immagino il biondo Jeremy fare
l’ironico marpione con la bella Gisele,
amica di un Laurent bucolico ed entusiasta.
Li aspetto seduto per terra, mentre il conducente
si innervosisce:
“Vado a cercarli io!”, grido,
“Se non torno tra cinque minuti partite pure
senza di noi!” Torno dentro al parco,
felice di non avere più orari da
rispettare, e già mi godo l’aria pura del
prossimo tramonto.
Incontro gli altri uniti e stanchi,
e un po’ invidioso rimprovero loro il ritardo,
informandoli che ci sarà da trovare un altro mezzo
che ci riporti in Brasile.
Tra tutte le facce da turisti incontrate alle cascate,
tra le famiglie e le coppiette,
soltanto un viso mi ha colpito all’istante.
Ricordo con emozione il saluto tacito
e profondo scambiato con un sorriso,
mentre lui usciva dal parco e io rientravo
alla ricerca dei ritardatari.
La stessa faccia mi ritrovo alla fermata
dell’autobus semideserta,
all’orario di chiusura,
quando tutti insieme aspettiamo il mezzo
per Puerto Iguazù,
cittadina argentina poco distante.
Alex, spagnolo e viaggiatore, dopo Italia e India,
Paraguay e Argentina
si aggrega a noi con la facilità dell’entusiasmo,
dimenticando la possibile solitudine senza il
nostro incontro.
L’euforia di viaggiatori solitari diventa
solidarietà.
Di ritorno oltre frontiera faccio aspettare
l’autobus per cinque minuti,
quando cantando corro alla dogana per prendere
nove pesos
dovuti grazie a un acquisto duty free.
Lasciato un bottiglione di birra al centro
della frontiera,
al poliziotto che mi guarda stupito grido
gesticolando la mia allegria:
“Non ora, mi spiace, sono di corsa!”
Compriamo una bottiglia di vino argentino,
e quando arriviamo a Foz de Iguaçu andiamo
a cena in un ristorante
chiamato San Francesco d’Assisi chiedendo
di poter bere il vino
appena comprato. “Guarda sul passaporto”,
dico quasi abbracciando il proprietario,
“Mi chiamo Francesco,
e vengo da vicino Assisi…”
Nonostante il cibo cotto e ricotto,
mangiamo tutti abbondantemente, e Alex,
invece di tornare al suo albergo in città
viene a dormire con noi
all’ostello, tra papaie, mucche, e praterie
odorose di sole e di terra.
Al buio, mentre tutti nell’ostello dormono,
noi ci sediamo attorno a un tavolo,
al suono di parole impossibili da ricordare,
nella “tragica” felicità di tante coincidenze
che ci hanno portati
tutti in quella notte fresca e stellata.
Rischio però di pagare subito il conto,
lasciando la macchina fotografica sul
tavolo rotondo.
La mattina dopo, appena accortomi della mancanza,
corro ovunque,
fin quando un negrone dalla faccia poco
raccomandabile,
tenendo in una mano la scopa e nell’altra
la macchina fotografica,
mi chiede sorridendo: “Questa è tua?”
“Grazie. Grazie.”
Le parole allenteranno la morsa dell’emozione
solo quando
tornerò alle persone, sapendole non più lì,
immaginando qualcun altro scoprire quei luoghi oggi.
Per evitare l’invidia mi guarderò intorno,
e in silenzio cercherò di fermare il tempo
attraverso un abbraccio.

spina ha detto...

Ciao Francesco..
.. che piacere beccarti da ste parti...
ho guardato il tuo sito..
proprio figo..
poi quando torno in An parleremo anche delle nostre impressioni su Iguazù..
ciaooooooooo
Daniele

Anonimo ha detto...

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